La teoria Svedese dell’amore

In questi giorni la Rai ha trasmesso il nuovo documentario di Erik Gandini (autore di Videocracy film che ha raccontato l’impero mediatico di Berlusconi) dal titolo “La teoria Svedese dell’amore”.

Nel documentario di Gandini, viene descritta la società Svedese attuale frutto di un manifesto politico che nasce nel 1972 definito: “La famiglia del futuro”. In questo manifesto si parte da un concetto di base: le difficoltà economiche non consentono agli individui di autodeterminarsi, di trovare pienamente la propria realizzazione nella vita. I teorici di questa visione hanno immaginato quindi di eliminare la dipendenza reciproca: una donna che non ha un proprio reddito non può separarsi dal marito quando sente di farlo, e quindi non può decidere liberamente chi amare. Tutto bene insomma, però qualcosa non ha funzionato, ne scrivo nel mio blog su L’Espresso/Repubblica, segue

Riflessione sulla felicità

Il mio nuovo post scritto per Espresso/Repubblica Blog, in questo caso mi cimento con l’ambizioso concetto di felicità che poi non è un concetto ma una meta, realmente realizzabile, almeno in parte su questa terra! 

“Cimentarsi con il concetto di felicità è certamente impresa molto complessa se affrontata partendo dalle infinite riflessioni che nei secoli sono state proposte su questo bellissimo e delicatissimo concetto. Impresa un po’ meno complessa se sviluppata intorno a tre semplici idee: vivere in modo attivo la vita, leggere i fatti della propria vita, soprattutto quelli avversi, come un disegno più grande, una mappa con parti ancora da esplorare e, soprattutto, avere un desiderio, una meta da raggiungere.” Leggete tutto l’articolo su: http://emozioni.blogautore.espresso.repubblica.it/2016/07/08/breve-riflessione-sulla-felicita/

Differenza tra bisogno e desiderio

Vi segnalo il mio nuovo post scritto per l’Espresso/Repubblica Blog.

Fontehttp://goo.gl/yrx7Dc

E quindi uscimmo a riveder le stelle” (Dante, Inferno XXXIV)

Molto spesso bisogno e desiderio, due parole così belle ed importanti, nel linguaggio comune vengono utilizzare come sinonimi. Immagino che sia capitato a tutti noi di affermare con la stessa accezione: “ho bisogno di riposare” o “desidero riposare”.

In questo post proverò a descrivere quali sono le differenze sostanziali e da quali spinte prendono l’avvio.

Mi ricordo che tanti anni fa ero convinto che i bisogni erano importanti mentre i desideri futili. L’idea era un po’ questa: pensavo che il bisogno nascesse da una esigenza precisa, c’era un malessere, un disequilibrio e quindi era necessario provare a soddisfarlo prima possibile. Il desiderio sembrava, viceversa, un qualcosa di astratto, come un’esigenza del superfluo. Se dovessi utilizzare un esempio concreto: il bisogno era l’acqua, il pane, qualcosa di fondamentale; il desiderio una caramella, qualcosa di buono ma superfluo.

Questa idea mi ha accompagnato per diverso tempo, poi ho iniziato ad esplorare meglio questi termini e mi sono accorto che tantissimi poeti, filosofi, psicologi, psicoanalisti e scienziati hanno scritto del desiderio come qualcosa di fondamentale per gli essere umani e allora mi sono incuriosito ed ho voluto approfondire…

Da queste letture e riflessioni ho tratto la differenza che vorrei raccontare in questo post, utilizzando non tanto le teorie, le definizioni, i concetti dei grandi pensatori ma l’idea che mi sono fatto io leggendo questi argomenti, parlando con le persone e ascoltandole durante il mio lavoro clinico di psicoterapeuta.

Quello che ho capito, in sintesi, è questo: il bisogno è qualcosa che parte dal corpo, nasce da una spinta interna. Questa spinta si può attivare sia da bisogni primari, fondamentali per la sopravvivenza come, ad esempio, mangiare, bere, dormire, scaldarsi, sia da bisogni secondari, meno urgenti ma altrettanto essenziali, come il bisogno di avere una bella casa, un lavoro, magari gratificante, una bella macchina, essere apprezzati dagli altri e via dicendo. Il bisogno parte da un oggetto che manca ed attiva un comportamento concreto per ottenerlo. Il risultato sarà il piacere per averlo ottenuto o la frustrazione per non esserci riusciti. Il ciclo del bisogno quindi si esaurisce nel soddisfacimento di una esigenza, più o meno importante. E poi si riparte con un nuovo bisogno e una nuova soddisfazione…

Questo ciclo può essere vitale, ma può essere anche il principio che domina le dipendenze: il mio corpo ha bisogno di una determinata sostanza, agisco per ottenerla, appena ottenuta mi calmo, passato l’effetto, si ricomincia.

Il desiderio ha invece una radice diversa, non è una mancanza che sta nel corpo, ma è un mancanza che sta fuori dal corpo, e non è una mancanza di un oggetto, sostanza o comportamento concreto, ma un vissuto, un processo, un’azione psichica che tende verso qualcosa. Il desiderio non ci porta alla soddisfazione immediata di qualcosa e nemmeno ci lascia immobili in attesa di qualcosa. È una spinta che ci mette in cammino verso una determinata direzione.

Il desiderio ci mette in movimento, ma per andare dove?

A questo punto vorrei fare un esempio concreto che mi consente di raccontare meglio ciò che ho compreso di questi due termini e spero possa aiutare chi legge a capire verso cosa ci spinge il desiderio, la direzione verso la quale ci porta.

Quando iniziamo una relazione sentimentale, l’altro è visto da noi come una persona che può soddisfare un nostro bisogno, ad esempio di compagnia, di affetto, un bisogno sessuale e così via. Sono spinte importanti ma se ci fermassimo a quelle, una volta raggiunte, potremmo non avere più bisogno dell’altro o, al contrario, continuare ad utilizzarlo per soddisfare gli stessi bisogni. A questo punto deve intervenire una nuova forza, un nuovo processo, ovvero il desiderio. Questo nuovo “strumento” che inseriamo nella coppia, si attiva quando sentiamo che vogliamo costruire qualcosa insieme all’altro e non solo utilizzarlo per soddisfare una nostra mancanza. Costruire, mettersi in cammino, con l’altro significa provare a conoscere profondamente il nostro partner, in definitiva provare ad amarlo. Quindi la strada verso la quale ci porta il desiderio è, molto semplicemente, l’amore.

Viste così le cose posso aggiungere che l’amore non è il punto di partenza di una coppia, ci si ama e poi si prova a stare insieme, a convivere il più possibile, con gli alti e i bassi della vita. L’amore, secondo la dimensione del desiderio, è il punto di arrivo di una relazione. Nessuna coppia si ama fin dall’inizio; all’inizio ci si può piacere, stare bene insieme, essere attratti, infatuati l’uno dall’altro, l’amore arriva dopo, quando lentamente e molto faticosamente si riesce a conoscere le proprie debolezze e perdonare le debolezze dell’altro. Per fare questo i bisogni da soli non bastano, ci si fermerebbe alle prime fasi, soddisfatti i quali l’amore vacillerebbe inevitabilmente.

In conclusione posso affermare che entrambi, bisogni e desideri, sono importanti.

Il bisogno è come un pulsante on/off, si accende quando ci serve qualcosa, si spegne quando non ci serve nulla. Il desiderio è invece una mappa, ci indica verso quale direzione andare e, nonostante le differenze individuali, tutti gli uomini sono nati per andare verso una direzione precisa, verso l’amore.

Differenza tra desiderio e godimento attraverso un racconto di Dino Buzzati

Vi segnalo il mio nuovo post scritto per l’Espresso/Repubblica Blog.

Fontehttp://emozioni.blogautore.espresso.repubblica.it/2016/03/23/differenza-tra-desiderio-e-godimento-attraverso-un-racconto-di-dino-buzzati/

La differenza tra desiderio e godimento è un tema a me molto caro perché mi ha aiutato spesso ad orientarmi, come una buona mappa di navigazione, nel mondo. Il nostro comportamento oscilla, continuamente, tra i due poli e non è per nulla facile riuscire a seguire la via del desiderio come unica spinta verso la crescita e il benessere.

Vorrei descrivere brevemente la differenza e poi, però, lasciare la parola alla scrittore Dino Buzzati che, a mio avviso, ha rappresentato bene questa dimensione, in un racconto straordinario che si intitola: “Nuovi strani amici”.

Lo psicoanalista che più di altri ha descritto questa differenza è Jacques Lacan il quale sostiene che il desiderio non ha la stessa natura dei bisogni primari (sebbene siano essenziali per la sopravvivenza ) ma lo dobbiamo cercare altrove. Recalcati, psicoanalista che ha dedicato a Lacan tantissimi libri, afferma: “il desiderio umano non può esser schiacciato sulla soddisfazione del bisogno, non può essere sottomesso all’urgenza della sopravvivenza biologica”, il desiderio per Lacan è sempre desiderio dell’altro, è una relazione profonda di contatto con qualcuno. Se dovessi rappresentarlo con un’immagine direi che è un tendere verso… Non c’è immobilismo nel desiderio. Al contrario, il godimento, è fine a se stesso, continua Recalcati: “Il godimento fa a meno dell’altro perché è autistico per struttura, è godimento dell’Uno senza l’Altro, è godimento che non implica nessun scambio simbolico.” Il godimento è statico.

Dopo questa breve premessa ritorno al racconto di Buzzati…

Nell’immaginario comune, credenti o meno, l’inferno è sempre stato visto come il luogo della sofferenza eterna. Sofferenza fisica e psichica. Torture costanti, dolore, buio, fumo e tanta, tanta, solitudine. È probabile che le cose stiano così e valga per l’inferno quella famosa legge del contrappasso (dal latino contra e patior, “soffrire il contrario”) tanto cara a Dante.

E se invece la vera pena dell’inferno non fosse la sofferenza impressa per qualche dolore ma per l’assenza di qualcos’altro?

Il racconto racconto di Buzzati si apre con il protagonista, Stefano Martella, direttore di una società di assicurazioni, che si ritrova, dopo la morte in una bellissima città. È tutto così ordinato, pulito, bello che pensa subito di essere arrivato direttamente in Paradiso. Mentre passeggia si affianca una persona che si offre di accompagnarlo in giro per la città. Ad un angolo si ferma una macchina bella, bellissima, con dentro un autista in livrea che aspetta. “È la sua” le dice il suo accompagnatore, Francesco, che gli stava vicino. Giunsero ad un palazzo bellissimo e presto Stefano Martella scopre che era la sua nuova abitazione. “C’era tutto: saloni, studio, biblioteca, sala da biliardo, giardino, naturalmente, con campi da tennis, piscina, laghetto con pesci. E dappertutto servitori che aspettavano ordini.” Dopo aver visitato non tutta, sarebbe stato impossibile, ma una parte della casa, Francesco, il suo accompagnatore, gli propone di andare al circolo. Il Martella vi avrebbe trovato un gruppo di amici cari. Intanto, mentre uscivano, l’ex direttore di assicurazioni volle cavarsi una curiosità, con accento furbesco sussurrò alla sua guida: “E donne? Ce ne sono di graziose donnette?” “Che domande – fece l’altro – vuole che manchino proprio qui?”

Il circolo era fantastico, sembrava una residenza degna di un monarca, amici simpatici e tanto divertimento. Allora il Martella fece un’altra domanda, fondamentale: “e malattie? Neanche un raffreddore?” “Tranquillizzati – gli risposte un amico – inutile aspettarsi malattie, tanto non verranno. Non c’è dolore e quindi niente ospedali, manicomi, sanatori. E poi qui nessuno ha paura, di cosa dovremmo aver paura?”

“Neanche quando si fanno dei brutti sogni, degli incubi?! Disse il Martella. “E perché dovresti avere degli incubi? Gli rispose un altro.  Non credo neppure che si sogni, qui da noi.”.

Ad un certo punto il Martella, non sapendo più cosa chiedere dice: “ma desiderî, desiderî ne avrete, dico.”

“Desiderî di che, se abbiamo tutto. Che cosa resta da desiderare. Che cosa ci manca?

Né desiderî, né amore, né rimpianti, , né odî, né guerre, tutto assolutamente tranquillo.”

A questo punto un altro amico si alza e dice: “Cavatelo dalla mente. Qui siamo tutti felici, intesi? Niente ti costerà fatica, non sarai mai stanco, non avrai sete, mai ti farà male il cuore alla vista di una donna, ma dovrai aspettare la luce dell’alba rivoltandoti sul letto, come una liberazione.”

“Ha un bel passare il tempo, oggi è uguale a ieri, domani uguale a oggi, niente di male ci potrà mai succedere.”

Solo una cosa manca in quel post e Buzzati ci fa arrivare lentamente, manca il desiderio. Il desiderio si genera da un vuoto, da un’assenza che tutti gli esseri umani vorrebbero riempire. Non a caso il termine è composto dalla particella privativa “de” e  il termine “sidus”, “sideris” (plurale “sidera“), che significa stella. Dunque “desidera”, da cui “desiderio”, significherebbe, letteralmente, “condizione in cui sono assenti le stelle“.

Nel luogo dove si trova il Martella, non manca nulla, il problema è proprio questo, non c’è nulla da desiderare. E allora uno degli amici del circolo perdendo il controllo gli dice: “sei venuto qui a marcire, non hai ancora capito? A migliaia ne arrivano come te, ogni giorno lo sai? E trovano la loro automobile, il castello, i teatri, le donnine, gli spassi… e non hanno malattie, né amore, né ansie, né paure, né rimorsi, né desideri, né niente… Ma non l’hai ancora capito che noi siamo all’inferno?

Tutte le citazioni sono tratte dal racconto di Dino Buzzati “Nuovi strani amici”. Presente nel libro Paura alla scala. Oscar Mondadori, 1984.

Le due citazioni di Massimo Recalcati sono tratte dal suo libro: Ritratti del desiderio, Raffaello Cortina Editore, 2012.