In questi giorni Whatsapp, la notissima app che permette di scambiarsi messaggi testuali e vocali, foto e video, ha introdotto un nuovo strumento che sta facendo molto discutere. Si tratta della doppia spunta blu. Fino a questo momento la persona che inviava un messaggio tramite Whatsapp poteva verificare se il messaggio era stato inviato correttamente (una spunta grigia) e se era stato ricevuto dal destinatario (doppia spunta grigia). Adesso in pratica è possibile sapere anche se il messaggio è stato letto e, attraverso le info aggiuntive, esattamente a che ora.
In rete le polemiche, tra parodie e tragedie, girano tutte intorno al fatto che adesso non sarà più possibile dire al proprio interlocutore che il messaggio non è stato letto. Quante amicizie e relazioni si interromperanno per colpa di questo nuovo strumento! Mi sono chiesto però quale fosse la “fantasia” alla base degli sviluppatori di Whatsapp che evidentemente hanno sentito l’esigenza di aggiungere questo nuovo strumento; ma, soprattutto, mi sono chiesto se questo in realtà, più o meno consapevolmente, non fosse il desiderio di milioni di persone che quotidianamente utilizzano questo sistema di messaggistica.
Ricapitolando: io mando un messaggio e con la prima spunta grigia mi dice che il messaggio è stato consegnato al server di Whatsapp, la seconda spunta grigia mi dice che è stato consegnato al destinatario, cioè sta nel suo cellulare. Questi due aspetti tutto sommato potrebbero essermi veramente utili, perché mi segnalano che non ci sono interferenze e i dispositivi funzionano correttamente, ma perché mi serve anche sapere se il mio messaggio è stato effettivamente letto? Se devo dare un’informazione importante ed ho la necessità che il mio interlocutore lo sappia forse è meglio chiamarlo, oppure se decido di utilizzare la messaggistica gratuita gli chiedo espressamente di confermarmi che l’ha ricevuto. Ma se scrivo “ti amo” alla mia compagna, perché ho necessità di sapere se e a che ora ha letto il messaggio? E se mi compare la doppia spunta blu e non mi risponde cosa vuol dire? Da quello che si legge in rete sembrerebbe che in questo caso il rischio potrebbe essere quello di attivare il vissuto di sospetto: “non sa cosa rispondere!”. Ma perché di fronte ad un semplice desiderio di esprimere un sentimento si attiva contemporaneamente la paura e il sospetto?
A mio avviso questo avviene perché:
prima ancora del vissuto di sospetto, quando noi mandiamo un messaggio, attiviamo anche un altro vissuto, ovvero quello della “pretesa”, che può essere riassunto così: “se io compio un’azione, non sono solo mosso dal fatto che mi piace fare qualcosa per l’altro e basta, ma sono spinto dall’idea che l’altro mi debba ricambiare, pretendo una risposta precisa dall’altro e se non arriva vado in ansia (Renzo Carli definisce questi vissuti con il termine di: “neo-emozioni”).
Quindi la doppia spunta blu facilita questa cultura della pretesa e del sospetto: quando invio un messaggio se fossi spinto dal solo desiderio di esprimere un sentimento non avrei la necessità di sapere se e quando lo legge il mio interlocutore, se invece sono spinto dalla pretesa e dal sospetto allora sì, devo sapere, perché dalla sua risposta dipende il mio umore.
Mettendoci invece nei panni di chi riceve il messaggio va ancora peggio!
Mi arriva un messaggio con scritto “ti amo” che faccio? Potrei semplicemente pensare “che bello”, punto. Invece NO, mi sento obbligato a rispondere, ormai la mia compagna sa che l’ho letto e se non rispondo alimento la cultura del sospetto. Quindi nella maggior parte delle volte rispondo, ma non è una risposta spontanea, libera, diventa la risposta alla implicita pretesa dell’altro. Non solo, ma cosa rispondo? Se invio una semplice faccina mi si recriminerà che ho risposto banalmente ad un sentimento ALTO, se invece non ho voglia di rispondere allora la recriminazione si fa più seria: “non mi ami quanto ti amo io!” o peggio “hai un altra!”
Il problema non si pone solo tra relazioni intime, ma anche nella amicizie.
Mi arriva un messaggio, forse so da parte di chi, non lo apro perché ho paura di dare al mittente l’informazione che si aspetta, ovvero che l’ho letto, e se non ho una risposta pronta da dare che si fa? Ormai sa che l’ho letto, sta aspettando la mia risposta. Ho l’ansia…
Mando un messaggio, ho la conferma che è stato ricevuto, non mi risponde, penso che non sono stato abbastanza simpatico da scrivere cose degne di una risposta, o peggio sto infastidendo l’altro.
Potrei continuare così all’infinito con tutte le varianti possibili, però il significato di ciò che sto scrivendo è sempre lo stesso:
rischiamo di vivere nella cultura del sospetto dove in ogni istante abbiamo bisogno di conferme che non fanno altro che alimentare altri sospetti e quindi altre richieste di conferma.
Forse il modo migliore per uscire dall’impasse è provare a rispondere come segue:
Aspetto i vostri commenti e se non arrivano penserò che questo post non sia abbastanza interessante 🙂 Diciamo così: se vi va di commentare potreste anche indicare situazioni che potrebbero creare altri disagi o, magari, anche qualche buon vantaggio della ormai cara doppia spunta blu di Whatsapp…
Segnalo il testo citato nel post: Renzo Carli e Rosa Maria Paniccia (2002) L’analisi emozionale del testo. FrancoAngeli, Roma