Perché ci attraggono i film dell’orrore?

Oggi sono su Repubblica Salute con un’intervista dal titolo: “Un film dell’orrore per Halloween: si bruciano calorie e si rinforza il sistema immunitario”. Le calorie e il sistema immunitario nascono da una ricerca citata dalla giornalista, io parlo del perché ci attraggono i film dell’orrore… P.S. Però la ricerca afferma il vero, i film fanno bene alla salute…

Perché siamo attratti dall’horror. Sangue, grida, inquieti spiriti che avanzano nel buio: perché ci piace tanto aver paura? “Ci sono molte possibili spiegazioni. Per alcuni, la visione di questi film può rappresentare un modo per sperimentare cose che non avrebbero mai fatto nella vita reale, spiega Sergio Stagnitta, psicologo, psicoterapeuta.

Leggete l’intera intervista su Repubblica Salute

 

Il rapporto con un narcisista: strategie di sopravvivenza

E così siamo arrivati al tema tanto atteso, ovvero quali strategie utilizzare in un rapporto con una persona narcisista? Tutto questo partendo, come sempre, dal testo della Telfener: “Ho sposato un narciso”.

Fatta la debita premessa che, seguendo il testo della Telfener, sto trattando la relazione con un partner narcisista dal punto di vista femminile, aggiungo un aspetto che leggendo il testo mi ha lasciato un po’ perplesso. In tutte queste strategie sembra quasi che l’autrice cerchi di aiutare le donne a trovare un modo per stare con questo tipo di partner, quasi un’immagine sacrificata di donne che sono costrette a trovare dei modi per affrontare tanti disagi pur di mantenere la relazione. Alcune delle strategie mi sembrano interessanti e utili altre non mi convincono del tutto. E così, in questo caso, il mio post avrà uno stile un po’ più critico, aggiungerò alcuni esempi tratti dalla mia esperienza professionale.

La prima domanda che mi viene da fare inoltrandoci nella lettura delle strategie è: ma perché una donna deve stare con un narcisista?  Se c’è una cosa che il narcisista non fa è quella di nascondere la sua tendenza, anzi, in questo possiamo dire che è molto onesto, si svela da subito. Si presenta sicuro delle proprie idee, sprezzante verso la banalità, non disponibile ai compromessi, quindi in sintesi affascinante. Il punto è che così come fa con gli altri prima o poi lo farà anche con voi.
La domanda quindi se vale la pena avere una relazione stabile con un narcisista dovremmo porcela fin da subito, forse prima ancora di decidere di frequentarlo. Questo vale soprattutto per i livelli elevati di narcisismo dove è molto probabile che si sviluppino le dimensioni problematiche di cui ho scritto nei post precedenti (trovate in fondo alla pagina i link agli altri post sempre dedicati al narcisismo). Comunque, se avete risposto sì, ovvero avete deciso di passare la vostra vita con un narcisista, allora utilizzare qualche strategie non vi farà male!

La Telfener propone 17 strategie per stare sufficientemente bene con un narcisista, in questo post ne proporrò 6 lasciando le altre 11 al post successivo (questo per evitare l’eccessiva lunghezza del testo).

1. Imparare a tenere uno spazio tutto per sé
Questa strategia riguarda il rapporto con un narcisista, ma più in generale, direi, che riguarda tutte le relazioni: ogni coppia dovrebbe ritagliarsi degli spazi personali dove l’altro potrebbe non entraci mai o solo marginalmente. Questo suggerimento vale soprattutto per il narcisista in quanto potrebbe entrare e invadere questi spazi togliendovi il piacere di una certa attività a cui tenete tanto.
Mi viene in mente un esempio tratto dalla mia attività clinica. Una ragazza di circa 22 anni aveva la passione per il teatro e frequentava, con molto piacere e gratificazione, un corso di recitazione. Il partner, su suggerimento di lei, aveva deciso di iscriversi allo stesso corso, dopo pochi mesi era diventato uno dei più bravi mettendo completamente in ombra la mia paziente, che nel giro di qualche altro mese aveva perso del tutto l’interesse e si era ritirata da una attività che prima le dava molte soddisfazioni. Ecco questo è un esempio di condivisione disfunzionale di spazi comuni.

2. Non affidare loro il proprio valore
Questo punto è molto importante, cioè evitare di mettervi nella posizione che sia lui a giudicare le vostre capacità e competenze, rischierete di sentirvi sempre inadeguate perché il narcisista proietta all’esterno tutte le sue frustrazioni e quindi difficilmente riuscirà a riconoscere i vostri meriti.

3. Non renderli dei mostri ai nostri occhi
Afferma la Telfener: “È molto facile che il partner piacevole e infido di cui stiamo parlando diventi per noi donne un “nemico”, di cui criticare i comportamenti assieme alle amiche (cercando magari la loro complicità). In questo caso non se ne ricaverebbe molto in termini di miglioramenti relazionali e, nello stesso tempo, svalutando il partner si svaluta anche un po’ se stesse, anche perché le amiche prima o poi vi diranno: “ma allora che ci state a fare con una persona così!”

4. Non prenderli troppo seriamente
Continua la Telfener: “cerchiamo di non prendere i narcisisti troppo sul serio oppure ci troveremo in un turbine di stati d’animo belli ed eccitanti e, subito dopo, delusi e tristi.”
Molto spesso la persona narcisista ha dei comportamenti o delle opinioni che sono dettati più dall’esigenza personale di mettersi in evidenza e svalutare gli altri che da una vera convinzione circa quelle idee. Facilmente vi ritroverete a prendere sul serio frasi che lui dice provocatoriamente e vi ritroverete, ancora più facilmente, a gestire discorsi completamente vuoti solo per il piacere narcisistico del partner di mantenere alto il livello dello scontro o, molto più semplicemente, perché così il partner narcisista non si annoia!

5. Non spingerli a fare sempre le cose insieme
Questa strategia richiama in parte la prima, ovvero quella di imparare ad avere uno spazio tutto per sé. In questo caso lo stimolo è quello di imparare ad avere la “giusta distanza” con un partner narcisista. Suggerisce la Telfener: “a volte potrebbe essere importante, di fronte ad un no deciso, fare ugualmente la cosa stabilita, per poi farsi raggiungere o accompagnare da un uomo inizialmente riluttante e poi magari divertito e interessato.”

6. Non rassicurarli completamente
Spesso vi è la tendenza delle donne che hanno una relazione con un partner narcisista di dargli la certezza che ci saranno sempre nonostante il suo atteggiamento negativo nei loro confronti. In una relazione esiste una buona regola: provare, quanto più possibile, a essere se stessi. La domanda però è: siamo sicuri che essere se stessi vuol dire non far vedere mai le proprie insicurezze, i propri disagi per timore che l’altro ci abbandoni?
A cosa siamo disponi a rinunciare nel timore di essere lasciati?

Essere se stessi significa anche contattare quella parte di noi che sente un disagio nella relazione e lo può esplicitare chiaramente all’altro. Per una persona narcisista poi questo atteggiamento di sottomissione è praticamente deleterio proprio perché rinforza la sua tendenza a non vedere l’altro e a mantenere l’immagine idealizzata di una donna perfetta. 

Intanto, come sempre, potete commentare il post con suggerimenti o esperienze personali e poi, a breve, il secondo, post dedicato alle strategie di sopravvivenza con un partner narcisista… Rimanete sintonizzati.

Le trappole nella relazione con un narcisista

trappole-narcisista

Proseguo il tema della relazione delle donne dei narcisisti utilizzando sempre come riferimento il testo della Telfener : “Ho sposato un narciso”

In questo post descriverò le trappole con le quali alcune donne vengono catturate nella relazione narcisistica.

Intanto, come sempre, una precisazione: sto trattando il tema del punto di vista femminile, così come viene descritto nel testo della Telfener, ma potremmo benissimo declinarlo al maschile e, comunque, in genere, come la psicologia insegna, non esiste un comportamento che non sia relazionale e che quindi non coinvolga SEMPRE entrambi i partner.

Detto questo, si parte con l’elenco delle trappole nelle quali può incorrere una donna nella relazione con un narcisista.

1. Coprire tutti i ruoli
“All’inizio della relazione essere la femmina, l’amante e poi, piano piano ricoprire tutti i ruoli: consulente del lavoro, segretaria, infermiera, ecc.” Non solo questa strategia è una trappola nella quale si fa fatica ad uscire, ma, in genere, non paga perché in questo caso la donna non tirerà mai fuori il meglio di sé, anzi, spesso proprio perché sono ruoli che con le appartengono, il peggio!

2. Fare la mamma
“E’ altrettanto rischioso – sostiene la Telfener – fare appello al proprio istinto materno e considerare il partner un figlio bisognoso, da accudire, che si ama con tutto il cuore, accettandolo con tutti i suoi limiti.”

3. Chiedere conferme
“Alcune donne vorrebbero venire riconosciute e amate esplicitamente per tutto quello che hanno dato”. Questa è una trappola molto ricorrente perché fa appello all’idea che la sofferenza paga. Niente di più sbagliato, anzi i narcisisti, per definizione non sono proprio in grado di riconoscere e apprezzare le qualità o la dedizione dell’altro. Nel gioco d’azzardo questo comportamento si chiamerebbe: rincorrere la vincita.

4. Perdersi
“Alcune donne, nella relazione con il narciso, hanno annullato la propria vita: si sono adattate completamente alla vita di coppia, instaurando il più tradizionale dei rapporti, quello che farebbe rivoltare nellatomba la loro nonna!”

5. Sentirsi in torto, sentirsi una vittima, sminuirsi
Ecco un’altra tipica trappola del rapporto con un narcisista, tenendo conto che non si riesce mai a modificare l’altro si pensa che è lei sbagliata. Come sostiene la Telfener: “le donne rischiano di entrare in un circuito di colpa e di bisogno di riparazione. Stanno male e si colpevolizzano per non essere capaci di stare in coppia” e non si rendono conto che magari è proprio questo specifico rapporto a non andare, mentre sarebbe diverso con un altro partner.

6. Arrabbiarsi, metterli in discussione, criticarli
Altro sentimento legittimo, tipico, ma assolutamente inefficace è quello di provare, viceversa, solo molta ostilità e rabbia, una rabbia piena di impotenza però, di quelle che non lasciano margine ad uno scambio anche dialettico con l’altro. Alcune donne: “sentono il partner come un nemico ed entrano in guerra, ritenendo di doversi difendere.”

7. Punirli
Alcune donne, dopo aver provato una grande frustrazione verso comportamento del partner narcisista, decidono di punirlo, vorrebbero educarlo come si fa con un figlio, ma l’impresa risulta difficile se non impossibile!

8. Volerli differenti, pensare di poterli cambiare
Afferma la Telfener: “la mia amica Stella, grande conoscitrice di narcisi, mi spiegava un giorno che volerli cambiare è come entrare da un ferramenta e chiedere del latte: il ferramenta non vende il latte, e anche se noi lo chiediamo con tono supplicante o arrabbiato, con foga o con determinazione, comunque non torneremo a casa con un cartone di latte!” 

9. Sfidare il loro modo di essere
Questa è un’altra bella e potente trappola, anche più insidiosa se volete, ovvero quella di sfidarlo nel suo stesso campo: “dove le altre hanno fallito, io riuscirò a cambiarlo e tenerlo a me”. Si genera quindi una sfida non solo con il partner ma con le altre, spesso immaginarie, donne. E’ un modo per dimostrare di essere forti nonostante i disagi provati. Nel gioco d’azzardo questo comportamento sarebbe definito: illusione della vittoria.

10. Dar loro il potere della nostra felicità (ma non solo…)
“Alcune donne – prosegue la Telfener – delegano all’altro la loro felicità: sono cioè dipendenti da lui o contro-dipendenti. In questo modo si dimostrano più attente all’altro che a se stesse e ai propri bisogni.”

11. Confrontarli con gli altri
Infine, ma non meno insidioso la trappola di pensare che senza di lui alcune donne sarebbero perdute. Nessun uomo può appagarvi come lo fa lui.

Nel prossimo post mi occuperò dei suggerimenti della Telfener su come evitare alcune di queste trappole.

In quale di queste trappole vi riconoscete maggiormente? A voi la parola nei commenti al post…

La psicologia di Whatsapp e la cultura del sospetto

In questi giorni Whatsapp, la notissima app che permette di scambiarsi messaggi testuali e vocali, foto e video, ha introdotto un nuovo strumento che sta facendo molto discutere. Si tratta della doppia spunta blu. Fino a questo momento la persona che inviava un messaggio tramite Whatsapp poteva verificare se il messaggio era stato inviato correttamente (una spunta grigia) e se era stato ricevuto dal destinatario (doppia spunta grigia). Adesso in pratica è possibile sapere anche se il messaggio è stato letto e, attraverso le info aggiuntive, esattamente a che ora.

In rete le polemiche, tra parodie e tragedie, girano tutte intorno al fatto che adesso non sarà più possibile dire al proprio interlocutore che il messaggio non è stato letto. Quante amicizie e relazioni si interromperanno per colpa di questo nuovo strumento! Mi sono chiesto però quale fosse la “fantasia” alla base degli sviluppatori di Whatsapp che evidentemente hanno sentito l’esigenza di aggiungere questo nuovo strumento; ma, soprattutto, mi sono chiesto se questo in realtà, più o meno consapevolmente, non fosse il desiderio di milioni di persone che quotidianamente utilizzano questo sistema di messaggistica.

Ricapitolando: io mando un messaggio e con la prima spunta grigia mi dice che il messaggio è stato consegnato al server di Whatsapp, la seconda spunta grigia mi dice che è stato consegnato al destinatario, cioè sta nel suo cellulare. Questi due aspetti tutto sommato potrebbero essermi veramente utili, perché mi segnalano che non ci sono interferenze e i dispositivi funzionano correttamente, ma perché mi serve anche sapere se il mio messaggio è stato effettivamente letto? Se devo dare un’informazione importante ed ho la necessità che il mio interlocutore lo sappia forse è meglio chiamarlo, oppure se decido di utilizzare la messaggistica gratuita gli chiedo espressamente di confermarmi che l’ha ricevuto. Ma se scrivo “ti amo” alla mia compagna, perché ho necessità di sapere se e a che ora ha letto il messaggio? E se mi compare la doppia spunta blu e non mi risponde cosa vuol dire? Da quello che si legge in rete sembrerebbe che in questo caso il rischio potrebbe essere quello di attivare il vissuto di sospetto: “non sa cosa rispondere!”. Ma perché di fronte ad un semplice desiderio di esprimere un sentimento si attiva contemporaneamente la paura e il sospetto?

A mio avviso questo avviene perché:

prima ancora del vissuto di sospetto, quando noi mandiamo un messaggio, attiviamo anche un altro vissuto, ovvero quello della “pretesa”, che può essere riassunto così: “se io compio un’azione, non sono solo mosso dal fatto che mi piace fare qualcosa per l’altro e basta, ma sono spinto dall’idea che l’altro mi debba ricambiare, pretendo una risposta precisa dall’altro e se non arriva vado in ansia (Renzo Carli definisce questi vissuti con il termine di: “neo-emozioni”).

Quindi la doppia spunta blu facilita questa cultura della pretesa e del sospetto: quando invio un messaggio se fossi spinto dal solo desiderio di esprimere un sentimento non avrei la necessità di sapere se e quando lo legge il mio interlocutore, se invece sono spinto dalla pretesa e dal sospetto allora sì, devo sapere, perché dalla sua risposta dipende il mio umore.

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Mettendoci invece nei panni di chi riceve il messaggio va ancora peggio!

Mi arriva un messaggio con scritto “ti amo” che faccio? Potrei semplicemente pensare “che bello”, punto. Invece NO, mi sento obbligato a rispondere, ormai la mia compagna sa che l’ho letto e se non rispondo alimento la cultura del sospetto. Quindi nella maggior parte delle volte rispondo, ma non è una risposta spontanea, libera, diventa la risposta alla implicita pretesa dell’altro. Non solo, ma cosa rispondo? Se invio una semplice faccina mi si recriminerà che ho risposto banalmente ad un sentimento ALTO, se invece non ho voglia di rispondere allora la recriminazione si fa più seria: “non mi ami quanto ti amo io!” o peggio “hai un altra!”

Il problema non si pone solo tra relazioni intime, ma anche nella amicizie.

Mi arriva un messaggio, forse so da parte di chi, non lo apro perché ho paura di dare al mittente l’informazione che si aspetta, ovvero che l’ho letto, e se non ho una risposta pronta da dare che si fa? Ormai sa che l’ho letto, sta aspettando la mia risposta. Ho l’ansia…

Mando un messaggio, ho la conferma che è stato ricevuto, non mi risponde, penso che non sono stato abbastanza simpatico da scrivere cose degne di una risposta, o peggio sto infastidendo l’altro.

Potrei continuare così all’infinito con tutte le varianti possibili, però il significato di ciò che sto scrivendo è sempre lo stesso:

rischiamo di vivere nella cultura del sospetto dove in ogni istante abbiamo bisogno di conferme che non fanno altro che alimentare altri sospetti e quindi altre richieste di conferma.

Forse il modo migliore per uscire dall’impasse è provare a rispondere come segue:

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Aspetto i vostri commenti e se non arrivano penserò che questo post non sia abbastanza interessante 🙂 Diciamo così: se vi va di commentare potreste anche indicare situazioni che potrebbero creare altri disagi o, magari, anche qualche buon vantaggio della ormai cara doppia spunta blu di Whatsapp…

Segnalo il testo citato nel post: Renzo Carli e Rosa Maria Paniccia (2002) L’analisi emozionale del testo. FrancoAngeli, Roma