L’ingrediente segreto di una psicoterapia

A Gennaio 2016, ancora in periodo di vacanza, scrivo un post per il mio blog su Espresso/Repubblica dedicato all’ingrediente segreto di una buona psicoterapia.

Che relazione possiamo rintracciare tra le conclusioni a cui sono arrivati i ricercatori del nuovo grande studio sulla schizofrenia condotto recentemente negli Stati Uniti e le ricerche di uno psicoanalista Austriaco del secolo scorso?

Era il 1945 e uno psicoanalista austriaco, naturalizzato negli Stati Uniti, René Spitz, era alle prese con un problema di cui non riusciva a comprendere bene molti aspetti. Stava osservando due gruppi di bambini, il primo era costituito da figli di donne detenute in un carcere femminile, che avevano la possibilità di accudire personalmente i loro figli in un asilo nido vicino alla struttura. Il secondo era composto da bambini abbandonati e ricoverati in un brefotrofio. Spitz notò che in entrambi i casi i bambini venivano adeguatamente nutriti e curati dal punto di vista igienico, eppure nel secondo gruppo, malgrado la presenza di operatrici competenti e disponibili, i bambini presentavano un quadro clinico preoccupante.

Molti di essi non crescevano regolarmente: soffrivano di evidenti ritardi nello sviluppo cognitivo e motorio, nonché di un marcato abbassamento delle difese immunitarie. Il 37,3% di essi morì entro il secondo anno di vita.

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La psicoterapia è davvero utile?

Quando penso se la psicoterapia è davvero utile, mi vengono in mente alcune immagini, che vorrei condividere con voi:

Immaginate di avere un problema e di poterne parlare con una persona che vi ascolta attentamente; questa persona non è legata a voi da un rapporto di intimità quindi vi ascolta in modo libero e senza pregiudizi. Vi ascolta in un luogo protetto, silenzioso, accogliente, con luci soffuse mentre ve ne state seduti comodi. Immaginate, inoltre, che è una persona competente, che vi aiuta a capire meglio i problemi facendovi delle domande e ascoltando le risposte in modo da ampliare il discorso piuttosto che chiuderlo con suggerimenti o consigli. In questo spazio avete anche la possibilità di raccontare la vostra storia personale, ripercorrerla, ricordare momenti brutti e belli, fasi di passaggio, persone importanti e via dicendo. Immaginate che quando vi succedere qualcosa di importante durante la settimana, vi ricordate qualcosa del vostro passato oppure vi ricordate un sogno, potete pensare che avete uno spazio dove raccontarlo, condividerlo. Sono conversazioni nelle quali provate delle emozioni vere e le stesse emozioni li fate provare al vostro interlocutore, che li potrà utilizzare per capire meglio ciò che state provando. Immaginate che, nel tempo, queste conversazioni oltre a farvi sentire accolti e protetti vi aiutino anche a comprendere molti aspetti dei vostri comportamenti, delle vostre scelte nella vita, dei vostri desideri (anche quelli che avete inibito per paura o per un sentimento d’inadeguatezza). Immaginate, infine, che in questo spazio si crei una vera e propria relazione dove, in modo protetto, avrete la possibilità di vivere situazioni che poi potrete estendere all’esterno.

SE LO IMMAGINATE COSÌ IL LAVORO PSICOTERAPEUTICO NON PUÒ CHE ESSERE UTILE! Che ne pensate?