Vi propongo un breve esercizio mentale: immaginate per un istante che durante una passeggiata in un bel praticello vicino casa vi troviate di fronte ad una grossa tigre che vi guarda con un certo languorino… Se non avessimo le emozioni o, molto più semplicemente, non riuscissimo a contattarle, probabilmente ad una analisi solo cognitiva penseremmo che il comportamento migliore da attuare è quello di proseguire tranquillamente lungo la strada, “del resto la tigre che cos’è se non un felino, un “micino” po’ più grande?” Secondo voi chi è che questa sera racconterà ai propri cari questo bizzarro incontro: tu o la tigre? Molto probabilmente la tigre, più tardi, in serata, racconterà al suo branco, mentre noi siamo circondati da patate e rosmarino, che di pomeriggio ha incontrato un umano che passeggiava e le andava incontro come se nulla fosse! Viceversa, è grazie alla paura che con molta probabilità, senza nemmeno fare grandi riflessioni, scapperemmo più velocemente possibile provando a fare l’unica cosa utile in questi casi: salvarsi.
Se dovessi rispondere, sintetizzando al massimo, a cosa servono le emozioni, potrei dire che: le emozioni sono strumenti, elaborati, di sopravvivenza.
In questo post descriverò la funzione che hanno le singole emozioni dal punto di vista fisiologico, per fare questo utilizzo la descrizione che ne ha scritto Daniel Goleman nel suo libro dal titolo: “Intelligenza emotiva”. Naturalmente le emozioni non hanno solo la funzione di attivare o meno il nostro corpo dal punto di vista fisiologico, hanno anche, e soprattutto, una grande funzione psicologica, che descriverò in altri post che seguiranno a questo.
Ecco cosa succede al nostro corpo e quali vantaggi abbiamo, secondo Goleman, quando proviamo le singole emozioni,
COLLERA – Quando siamo in collera, il sangue ci affluisce alle mani e questo rende più facile afferrare un’arma o sferrare un pugno all’avversario; la frequenza cardiaca aumenta e una scarica di ormoni, fra in quali l’adrenalina, genera un impulso di energia abbastanza forte da permettere un’azione vigorosa.
PAURA – Se abbiamo paura, il sangue fluisce verso i grandi muscoli scheletrici, ad esempio quelli della gambe, rendendo così più facile la fuga e al tempo stesso facendo impallidire il volto, momentaneamente meno irrorato (ecco da dove viene la sensazione che “si geli il sangue”). Allo stesso modo, il corpo si immobilizza, come congelato, anche solo per un momento, per far valutare se non convenga nascondersi. I circuiti dei centri cerebrali preposti alla regolazione della vita emotiva scatenano un flusso di ormoni che mette l’organismo in uno stato generale di allerta, preparandolo all’azione e fissando l’attenzione sulla minaccia che incombe per valutare quale sia la risposta migliore.
FELICITÀ – Nella felicità, uno dei principali cambiamenti biologici sta nella maggiore attività di un centro cerebrale che inibisce i sentimenti negativi e aumenta la disponibilità di energia, insieme all’inibizione dei centri che generano pensieri angosciosi. Questa configurazione offre all’organismo un generale riposo, e lo rende non solo disponibile ed entusiasta nei riguardi di qualunque compito esso debba intraprendere, ma anche pronto a battersi per gli obiettivi più diversi.
AMORE – L’amore, i sentimenti di tenerezza e la soddisfazione sessuale comportano il risveglio del sistema parasimpatico; in altre parole, si tratta della mobilitazione opposta a quella che abbiamo visto nella reazione di “combattimento o fuga” tipica della paura e della collera. La modalità parasimpatica si avvale di un insieme di reazioni che interessano tutto l’organismo e inducono uno stato generale di calma e soddisfazione tale da facilitare la cooperazione.
SOPRESA – Nella sorpresa il sollevamento delle sopracciglia consente di avere una visuale più ampia e di far arrivare più luce sulla retina. Questo permette di raccogliere un maggior numero di informazioni sull’evento inatteso, contribuendo alla sua comprensione e facilitando la rapida formulazione del miglior piano d’azione.
DISGUSTO – In tutto il mondo l’espressione del disgusto è la stessa, e invia il medesimo messaggio: qualcosa offende il gusto o l’olfatto, anche metaforicamente. Come già aveva osservato Darwin, l’espressione facciale del disgusto – il labbro superiore sollevato lateralmente mentre il naso accenna ad arricciarsi – indica il tentativo primordiale di chiudere le narici colpite da un odore nocivo o di sputare un cibo velenoso.
TRISTEZZA – La tristezza ha la funzione fondamentale di farci adeguare a una perdita significativa, ad esempio a una grande delusione o alla morte di qualcuno che ci era particolarmente vicino. Essa comporta una caduta di energia ed entusiasmo verso le attività della vita – in particolare per le distrazioni e i piaceri – e, quando diviene più profonda e si avvicina alla depressione, ha l’effetto di rallentare il metabolismo. La chiusura in se stessi che accompagna la tristezza ci dà la possibilità di elaborare il lutto per una perdita o per una speranza frustrata, di comprendere le conseguenze di tali eventi nella nostra vita e, quando le energie ritornano, di essere pronti per nuovi progetti. Può darsi che un tempo questa caduta di energia servisse a tenere i primi esseri umani vicini ai loro rifugi – e quindi al sicuro – quando erano tristi e perciò più vulnerabili.
Daniel Goleman (1996) Intelligenza emotiva, Bur, Milano, 1999.